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Cristofani Mauro. Introduzione allo studio dell'etrusco

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Cristofani Mauro. Introduzione allo studio dell'etrusco
Leo S. Olschki, 1991. — 172 p. — (Pocket library of "studies" in art 23).
Fra le lingue antiche attestate frammentariamente l'etrusco, coni suoi quasi 8.000 testi conservati, fornisce un corpus rilevante, anche se fortemente condizionato quanto a contenuti dalla destinazione prevalentemente funeraria delle iscrizioni che possediamo. Si tratta pertanto di una lingua che puo essere considerata «minore» (al pari di altre che venivano parlate nell'Italia antica) nei confronti del latino o del greco, documentate invece da una tradizione ampia e varia.
L'etrusco, pero, rispetto ad altre lingue dell'Italia preromana, si caratterizza per la sua sostanziale stabilita, nonostante l'arco di otto secoli nei quali si distribuiscono i testi, e per la sua ampia distribuzione: se la maggior parte delle iscrizioni proviene dalle necropoli dell'Etruria propria, compresa fra la riva sinistra dell' Arno e quella destra del Tevere, e anche vero che nuclei cospicui sono stati scoperti nei centri dell' area padana (Marzabotto, Bologna, Spina e Mantova) come in quelli dell' area campana (Capua, Nola, Suessula e Pontecagnano) o nella regione abitata dai Falisci (Narce), e, infine, nelle colonie di Aleria, in Corsica, e di Genova (Fig. 1). Isolate, ma segno dell' espansione commerciale arcaica, possono considerarsi le iscrizioni rinvenute nel Lazio (Roma, Satricum), nella Gallia meridionale (fra le quali si annovera una «lettera» su lamina di piombo), a Cartagine (una tessera hospitalis) e nell'isola di Egina (una dedica frammentaria dal santuario di Aphaia incisa su un vaso di fabbricazione greca).
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